Una persona è…secondo me.
Salve, sono Mario Smaldone, Psicologo, Counselor e Psicoterapeuta specializzando della Gestalt. Come primo articolo, voglio presentare brevemente, qual è la mia idea di persona “sana”. Ma prima di fare ciò, bisogna chiedersi: Chi è o cos’è una persona?
Una persona è un intero ed è, piuttosto che ha, un corpo, è emozioni, è pensieri, è sensazioni ed è percezioni: tutti questi elementi non funzionano da soli, ma in maniera collegata. Ogni soggetto è inserito in un contesto, in uno spazio e non può essere compreso al di fuori di esso, anche perché, tutti gli individui sono attivi: essi determinano le proprie risposte al mondo. Inoltre tutti sono consapevoli, chi più e chi meno, delle loro sensazioni, dei loro pensieri e delle loro emozioni e delle loro percezioni e quindi capaci di scegliere e dunque sono responsabili del loro comportamento (anche il non scegliere è una scelta: attenzione!). Infine le persone possono fare esperienza si sé stessi soltanto in uno un tempo, cioè nel presente, in quanto, il passato ed il futuro possono essere sperimentati solo nell’adesso attraverso il ricordo e la previsione.
Di conseguenza una persona “sana” è quella che giunge alla propria autorealizzazione, al pieno sviluppo delle proprie potenzialità, colei che diventa “ciò che è”, e non un semplice “adattato” della società. Infatti, Friedrich Salomon Perls, creatore della psicoterapia della Gestalt, dice: “...Non possiamo indurre deliberatamente il cambiamento, né in noi stessi, né negli altri. Questo è un punto decisivo: sono molti quelli che dedicano la propria esistenza a realizzare una loro concezione di come ‘dovrebbero’ essere, invece di realizzare se stessi...”
In contrapposizione ad una visione dell’uomo simile ad un robot o un animale, bisogna valorizzare l'autorealizzazione, la creatività e la responsabilità individuale; poiché è fondamentale dare importanza alla dignità del soggetto e allo sviluppo del suo potenziale latente. Ecco perché, secondo me, la psicologia necessita di avere un approccio che abbracci ed affermi la complessità, l’accettazione e la diversità dell’essere umano e non cercando di portare il tutto ad un semplice riduzionismo (“Io sono così perché è successo questo nella mia vita”). Questo è possibile stimolando quelle capacità intuitive che sono alla base della conoscenza intesa come un atto unico e immediato e non cercando di spiegare la difficoltà di una persona dato che il ‘perché’ porta nel migliore dei casi a una razionalizzazione astuta e mai alla comprensione. Il ‘perché’ frutta soltanto indagini senza fine sulla causa della causa della causa della causa della causa della causa…
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