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domenica 28 giugno 2015

Facebook e Autostima

Facebook, sviluppato nel 2004 da un gruppo di studenti universitari, tra cui l’ormai celeberrimo Mark Zuckerberg, quale versione online dell’annuario dell’Università di Harvard, e inizialmente accessibile ai suoi soli iscritti, in pochi anni è divenuto uno tra i più popolari social network, raggiungendo il miliardo di utenti attivi nel 2012. È il primo social network e il terzo sito web più visualizzato dietro solo Google e Youtube. Come ben sappiamo, Facebook è una piattaforma che consente, attraverso la creazione di un proprio profilo personale, di condividere contenuti, interagire e socializzare. Dai suoi sviluppatori è descritto come uno strumento la cui mission è “dare alle persone il potere di condividere e creare un mondo più aperto e connesso” (“give the people the power to make the world more open and connected”, Facebook).
In breve tempo Facebook, divenendo parte integrante della nostra esistenza, ha profondamente modificato le dinamiche comunicative ed interpersonali tra gli individui, ed influenzato allo stesso tempo molteplici processi intraindividuali.


Non solo social, Facebook è anche uno strumento cui molte attività risultano autocentrato e sembra contribuire al soddisfacimento di due fondamentali bisogni dell’essere umano, quali il bisogno di appartenenza, o di affiliazione e accettazione sociale da parte degli altri, e il bisogno di affermazione del Sé e di controllo delle impressioni generate negli altri.

Gran parte della letteratura scientifica è giunta a individuare un legame tra Facebook, Sé ed autostima indagando la correlazione esistente tra il social network e gli stili di personalità.
Indagando le ipotesi rispetto le dimensioni dell’Estroversione e dell’Introversione gli studi sono però giunti a conclusioni contrastanti, riguardo l’utilizzo di Facebook.
Solo di recente, l’interesse degli studiosi si è così progressivamente spostato verso l’importante costrutto psicologico dell’autostima. 

Rogers definisce l’autostima come il complesso di valutazioni che ogni individuo ha sul proprio concetto di Sé, quest’ultimo inteso come l’insieme organizzato di elementi, come percezioni e credenze, attraverso i quali il soggetto descrive se stesso.
Si differenziano le dimensioni del “Sè attuale”, ovvero la percezione delle proprie reali caratteristiche e degli attributi che si ritiene effettivamente di possedere, e del “Sé ideale”, consistente invece nella rappresentazione di quelle caratteristiche che si vorrebbero idealmente possedere. La congruenza o la discrepanza tra tali dimensioni del Sé costituisce un fondamentale indicatore del livello di autostima dell’individuo: maggiore è la coerenza tra il Sé attuale e il Sé ideale, maggiore sarà il grado di autostima percepito; di contro, maggiore è la loro discrepanza, minore sarà il grado di autostima percepito.
Nel world wide web, la dimensione del Sé ideale sembra essere predominante, poiché in tale contesto, caratterizzato da una condizione di anonimato, l’individuo può facilmente enfatizzare proprie caratteristiche o omettere informazioni riguardanti la propria persona, in modo da veicolare un’immagine di sé positiva. I social network, e Facebook in particolare, si differenziano comunque dal mondo del web per l’assenza della condizione totale di anonimato, ma costituiscono contesti ideali per l’espressione di una sottodimensione del sé ideale, definita come “Sé ideale desiderato” (hoped-for possible Self), riconducibile all’identità che un soggetto vorrebbe affermare, date le giuste circostanze.

Gli studi intenti ad analizzare come l’utilizzo di Facebook sia in grado di influenzare l’autostima in riferimento alle condizioni di narcisismo e neuroticismo convengono nell’adottare due principali spiegazioni:
- la “Poor get Rich Hypotesis”, nota anche come Social Compensation Hypotesis, secondo la quale Facebook consentirebbe ai soggetti introversi e con basso livello di autostima di compensare la carenza di abilità interattive mediante opportunità di comunicazioni online, ovviando i problemi attinenti all’ansia sociale generati dalle tradizionali interazioni vis à vis;
- la “Rich get Richer Hypotesys”, secondo la quale invece Facebook rappresenterebbe per i soggetti estroversi e con un elevato livello di autostima un’ulteriore opportunità attraverso la quale potere interagire e comunicare con l’altro.
Gli stili di personalità risultano accomunati da una tendenza al controllo strategico delle informazioni riguardanti sé, al fine di veicolare immagini positive di sé, correlata al bisogno di modulare positivamente la propria autostima.
Facebook rappresenta un utile strumento attraverso il quale ci si può facilmente impegnare in attività esibizionistiche volte ricerca di attenzioni per il mantenimento di una grandiosa immagine di sé. Altro importante aspetto che contribuisce nel regolare l’autostima riguarda la possibilità di “mostrarsi” ad un’ ampia audience di contatti, con un semplice click.








Rispetto invece la condizione di bassa autostima, Facebook è considerato quale luogo sicuro entro il quale potersi esprimere e condividere informazioni personali. L’utilizzo di strategie protettive di self-disclosure costituiscono tattiche per minimizzare la negatività, e dunque a gestire la propria immagine di sé e mantenere relazioni positive con i contatti, aspetti che in ultimo permettono loro di gestire efficacemente e mantenere buoni livelli di autostima. 

Dalla letteratura si evince quindi come il più popolare social network, al di là delle differenze personologiche e di autostima rilevabili tra gli individui, consente agli stessi il soddisfacimento di due primari bisogni dell’essere umano, quali il bisogno di affermazione di Sé e il bisogno di appartenenza: questo permette di spiegare l’assenza di divergenze significative tra soggetti con alta e bassa autostima circa la frequenza e le modalità di utilizzo di Facebook.
Predomina la tendenza a veicolare agli altri, attraverso Facebook, il proprio Sé ideale, confermata dalla propensione al controllo strategico delle informazioni riguardanti il proprio Sé;

Seppure sia possibile rintracciare delle divergenze in merito al tipo di strategie utilizzate - acquisitive nei soggetti con alta autostima, protettive nei soggetti con bassa autostima -, in entrambi i casi lo scopo ultimo è correlato alla necessità di regolare e mantenere livelli di autostima ottimali.


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