Psicologia In Chat

Psicologia In Chat

Psicologia In Chat su Facebook

Psicologia In Chat su Facebook
Lo staff di Psicologia In Chat è lieta di comunicare a tutti i suoi fan e utenti una nuova possibilità di interagire con lo staff, gli psicologi e tutti gli utenti: mandate i vostri messaggi qui in bacheca o tramite messaggio privato, con le vostre domande, dubbi o altro. Potete anche restare anonimi specificandolo nel messaggio. Lo staff provvederà a pubblicarlo in pagina così che tutti possano visualizzarlo e rispondere! Clicca sull'immagine o collegati a https://www.facebook.com/pages/Psicologia-In-Chat/853316151374013?fref=ts

lunedì 4 maggio 2015

Articolo a cura della Dott.ssa Chiara Grimaldi Lattari sulla Pedofilia Femminile

La pedofilia femminile



Con il termine pedofilia, intendiamo una tendenza sessuale che si può manifestare in atti o fantasie, 
verso soggetti che, per la tenera età, non presentano ancora le caratteristiche esteriori di sessualità 
(Coluccia&Calvanese, 2007).
Secondo la dottoressa Petrone, la donna, nel momento in cui diviene madre, diventa 
improvvisamente depositaria di un insieme di sentimenti fortemente ambivalenti, infatti ai 
sentimenti di amore si va sempre ad affiancare un rifiuto ed un conflitto nei confronti dei suoi figli, 
che genera fastidio ed in alcuni casi l’odio. 
La donna è, da sempre, vista come la depositaria del potere di creare la vita dentro di sé, ma fare la 
madre non è affatto istintivo, è infatti un’attività molto complessa, che richiede l’apprendimento di 
comportamenti e tecniche specifici, ci vuole perciò del tempo per migliorare e sono ammesse delle 
difficoltà.
Durante la gravidanza, ogni madre si crea un ritratto mentale del suo bambino, che alla nascita non 
corrisponderà quasi mai alla realtà; è quindi necessario che la madre accetti il suo bambino per 
quello che è e non per l’immagine che si era costruita.
Ogni relazione umana è ambivalente; nella neo-mamma, ai sentimenti positivi si affiancano 
sentimenti negativi, generati anche dai cambiamenti di ritmi, abitudini, dalla paura di perdere i 
propri spazi ed i propri confini personali.
Come potrebbe una donna, una madre, approfittare del suo bambino o di un’altra creatura che 
ancora non è in grado di difendersi? 
Proprio per quest’idea che la società occidentale ha della donna, il fenomeno della pedofilia 
femminile è rimasto da sempre una problematica sommersa, pur essendo un fenomeno sempre più 
comune, che colpisce in tutte le tipologie di ambienti, senza fare distinzioni di sesso e ceto sociale. 
Secondo Valcarenghi, almeno il 7% dei casi di pedofilia sarebbe commesso da una donna e secondo 
la psicoterapeuta Loredana Petrone, 8 casi su 100 riguarderebbero una donna pedofila. I dati parlano 
chiaro: il 78% dei maschi pedofili riferisce un passato di abusi subiti da figure femminili, in 
particolare dalle madri. 
Fra i dati presentati in precedenza, che vedevano la percentuale di donne pedofile pari al 7%, ed il 
78% appena dichiarato, c’è perciò una forte discrepanza; la stima precedente si rifà infatti ai dati 
rilevati dalle denunce e dalla Magistratura.
E’ sempre stata presente, fin dall’Antica Grecia, con le sue tiasi, in cui le bambine di alta estrazione 
sociale, venivano educate dalle loro insegnanti, non solo alle arti, ma anche al piacere sessuale. 
Ai giorni nostri, la pedofilia femminile è rintracciabile, in percentuali nettamente ragguardevoli, nei 
contesti intrafamiliari, dove le bambine ed i bambini vengono abusati proprio da quelle figure, che 
dovrebbero ragionevolmente prendersi cura di loro e proteggerli dai pericoli del mondo esterno: è 
proprio questa familiarità con l’abusante che crea al bambino la confusione maggiore, in quanto è 
portato istintivamente ad essere legato alla sua figura di accudimento ed è proprio per questa 
ragione e per i sensi di colpa che la violenza genera nel minore, che quest’ultimo è portato a 
mantenere per anni, spesso per tutta la vita, il riserbo ed il silenzio sulla relazione abusante, nel suo 
nucleo familiare.
Nei contesti extrafamiliari, la pedofilia femminile si è legata al turismo sessuale, per praticare il 
quale le donne si macchiano, oltre che della violenza e dell’abuso sul minore, anche dell’orribile crimine di iniettare ormoni nei testicoli del bambino in questione, per poter praticare un rapporto 
sessuale soddisfacente, previo pagamento di un compenso alla famiglia del bambino.


La pedofilia si è anche adattata alla tecnologia: si può notare, che negli ultimi anni sono in costante 
aumento sia i siti web pedopornografici, che si rivolgono alle donne, sia le chat room ed i forum 
tramite cui le pedofile entrano in contatto con le loro giovani vittime.
Queste donne sono nella gran parte dei casi reduci da abusi infantili, che le portano, giunte all’età 
adulta, ad assumere a loro volta il ruolo di abusanti: maltrattano i loro bambini per vendicarsi dei 
maltrattamenti subiti dalla propria madre; introiettano i sentimenti di odio verso il proprio genitore 
abusante, sviluppando spesso una reazione depressiva: la violenza si interiorizza e chi ne è stato 
oggetto per lungo tempo, non conosce altre modalità espressive.
La pedofilia femminile si avvale di tecniche seduttive nell’approccio con la vittima: la donna 
abusante entra in contatto con il mondo interiore del bambino, conosce i suoi gusti ed è conscia 
delle carenze affettive, che solitamente hanno i minori che divengono oggetto delle sue attenzioni.
L’abusante è infatti più orientata a conquistarsi le attenzioni di bambini, che non si collocano in una 
rete sociale ed affettiva valida: sceglie bambini che abbiano bisogno di affetto, di cure, di attenzioni 
ed è proprio su queste necessità del bambino che la donna imposta il rapporto disfunzionale, una 
relazione che vede come un’espressione di vero e profondo amore nei confronti del bambino (a 
meno che, non sia presente una componente di personalità sadica), che viene poi abbandonato, una 
volta sviluppati i caratteri secondari della sessualità.
La relazione è asimmetrica ovviamente: il bambino è alla ricerca di amore e protezione, mentre la 
donna vuole soddisfare i propri impulsi. 
Nei bambini abusati sessualmente, i disturbi sono reattivi ed aspecifici e possono riguardare vaste 
aree della personalità, poiché l’abuso è un evento traumatico e stressante, che provoca una 
condizione di crisi nel minore.
Il bambino non è in grado di elaborare a livello cognitivo l’abuso, in quanto una persona tende a 
percepire la realtà e ciò che le accade attraverso una serie di filtri emotivi, che sono il frutto delle 
sue esperienze di vita, passata e presente. 
Le emozioni rappresentano l’elemento che serve a fissare i ricordi, che vengono così archiviati, 
attraverso una codifica di tipo emotivo: se il bambino non può codificare la violenza, questa verrà 
rimossa e relegata nel suo inconscio, dai meccanismi di difesa.
Le conseguenze possono andare ad inficiare, oltre all’area psicologica, anche lo stile di vita ed i 
rapporti interpersonali e sociali.
Alcune delle problematiche più frequenti associate all’abuso sessuale sui minori sono: vissuto di 
tradimento, sfiducia nei confronti del prossimo, bassa autostima, senso di inadeguatezza, 
disfunzioni della sfera sessuale, ansia e depressione, disturbi psicosomatici, senso di rivalsa e 
prevaricazione, problemi interpersonali, comportamenti di acting-out, disturbo acuto da stress, 
disturbo post traumatico da stress.
Risulta fondamentale, quindi, il sostegno che il bambino dovrà avere a livello sia terapeutico che 
familiare al fine di poter elaborare l’esperienza d’abuso, non essendo ancora, per la sua personalità 
in costruzione, in grado di comprendere a pieno, emotivamente e cognitivamente, l’esperienza.
E’ importante perciò effettuare un intervento di prevenzione a livello familiare, scolastico e sociale, 
per creare una rete di protezione e sostegno, a 360° , intorno ai bambini.
L’intervento sull’abusante può essere effettuato solo una volta che la violenza è già stata portata a 
termine: è preferibile che la valutazione clinica venga effettuata in un’ottica sistemica in quanto, dagli studi emerge che nel passato dei pedofili sia spesso presente una storia di abusi e/o 
maltrattamenti, prevalentemente a livello familiare.


La terapia cognitivo-comportamentale si pone come obiettivo la modifica della sessualità deviata, 
attraverso il trattamento del livello di arousal sessuale deviante, il trattamento delle distorsioni 
cognitive, il trattamento del disturbo del controllo affettivo.
La terapia comportamentale ha come obiettivo primario l’eliminazione dell’eccitazione sessuale 
abnorme, attraverso il potenziamento di resistenze agli impulsi sessuali. Utilizza tecniche come la 
terapia avversiva, il condizionamento orgasmico, la terapia della vergogna e la covert sensitization.
La terapia familiare, che è indicata nei casi di abuso intrafamiliare, ha lo scopo di riaggregare e 
rendere maggiormente efficiente il nucleo familiare disfunzionale, tramite una modifica dei modelli 
interazionali e comunicativi.
La psicoterapia psicodinamica di gruppo si basa sul principio d’intervento utilizzato nei gruppi di 
autoaiuto, come quelli degli Alcolisti Anonimi o dei Tossicodipendenti.
La terapia medico-farmacologica, che spesso è somministrata in associazione al ricovero in 
ospedale, è stata recentemente modificata: si è passati dalla prescrizione di neurolettici ad una 
terapia a base di litio, imipramina e fluoxetina, con risultati discreti per quanto riguarda l’aspetto 
compulsivo del disturbo.
La psicoterapia ipnotica si propone di far maturare gli elementi caratterizzanti lo sviluppo 
pulsionale libidico del soggetto, tramite interventi specifici di formazione, evoluzione e/o inibizione 
o sostituzione dei referenti, che permettono l’attivazione emotivo-pulsionale.
Il trattamento avviene senza mai attaccare direttamente il sintomo o il comportamento deviante, che 
dopo la psicoterapia ipnotica, dovrebbe sparire fisiologicamente.
E’ quindi evidente che il trattamento della pedofilia femminile si basa sostanzialmente su un 
tentativo di diminuire l’impulso sessuale deviante dell’abusante, fatta eccezione per la terapia 
cognitivo-comportamentale, che punta alla modificazione della sessualità deviata della pedofila.
Devianza, crudeltà, abusi e violenze non hanno sesso, non sono tipicamente maschili o femminili, 
per comprenderli, dobbiamo imparare a concepire ogni singolo atto e comportamento “criminale”, 
come espressione di una personalità che si è formata in un contesto fatto di relazioni, interazioni ed 
esperienze e il fatto che sia donna o uomo non conta, conta solo l’essere umano in tutta la sua 
complessità.


Bibliografia
Coluccia A., Calvanese E., Pedofilia. Un approccio multiprospettico, Franco Angeli, Milano, 2007.
Olver M.E. & Wong S.C. (2009), Therapeutic responses of psychophatic sexual offenders: 
treatment attrition, therapeutic change and long-term recidivism, Journal of Consulting and 
Clinical Psychology, 77(2), 328-336.
Petrone L., Troiano M., E se l’orco fosse lei? Strumenti per l’analisi, la valutazione e la prevenzione 
dell’abuso al femminile, Franco Angeli, Milano, 2005.
Valcarenghi M., Ho paura di me. Il comportamento sessuale violento, Bruno Mondatori, Milano, 
2007.

Nessun commento:

Posta un commento